a cura di Silvia Riva

In emofilia, come è noto, il dolore è un sintomo comune tra i pazienti e influisce significativamente sullo stato di salute e la qualità della vita. Uno recente studio italiano ha esplorato la prevalenza del dolore nella popolazione emofilica e le sue caratteristiche principali. La ricerca è stata condotta dal Centro di riferimento regionale per l’emofilia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, coordinata dalla Dott.ssa Annarita Tagliaferri e ha coinvolto 119 pazienti e 44 medici specialisti afferenti a diversi centri del nostro territorio.

I risultati sono rilevanti: dallo studio è emerso che più della metà dei pazienti intervistati (il 61%) riferisce dolore e, fra questi, l’86% è in cura con una terapia farmacologica. Il dolore aumenta con gli anni e in relazione al trattamento; i parametri clinici più favorevoli si riscontrano infatti nei bambini in profilassi. Il dolore viene percepito come cronico nel 71% dei pazienti; tra questi, la grande maggioranza dichiara di provare dolore da più di 5 anni e circa il 21% da oltre 20 anni. Nella storia di questi pazienti, è singolare osservare come l’esperienza descritta dai pazienti sia molto diversa da quella riportata dai medici specialisti. I medici tendono a sottostimare il dolore in termini di prevalenza e durata. È un dato particolare che ci spinge ad interrogarci sulle modalità attuali di diagnosi e trattamento del dolore, se a ciò si aggiunge che in una minoranza dei casi il problema viene affrontato principalmente dai medici durante le visite di controllo e solo nella metà dei casi si utilizzano strumenti validati per valutare il dolore.

Oggi il trattamento farmacologico risulta essere la soluzione maggiormente adottata (e anche qui sono emerse dalla ricerca discrepanze tra quanto prescritto dai medici e quello che i pazienti riferiscono di praticare per la terapia del dolore), benché alcuni pazienti si siano avvicinati anche ad altre tecniche di controllo del dolore: il 29% dei pazienti ha eseguito fisioterapia e il 23% ha preferito trattamenti non farmacologici. Tra questi, il nuoto spicca come attività di grande beneficio per i pazienti.

Da questa ricerca emerge l’importanza di studiare il dolore in modo più strutturato all’interno di una equipe multidisciplinare, in cui sia previsto anche uno specialista della terapia del dolore. A tale scopo, è importante l’uso sistematico di strumenti standardizzati specifici, al di là di quelli talora utilizzati (es. lo score di Gilbert, le misure di Salute associata alla Qualità di Vita), che sono in grado di identificare il livello di dolore ma non la durata o il tipo di dolore.

Questo studio appare interessante anche perché ci aiuta a comprendere quanto sia complessa l’esperienza del dolore a livello fisiopatologico e offre una serie di spunti per cercare di migliorarne la gestione nella pratica clinica quotidiana, oltre che di riflessione generale sul tema.

Il dolore non rappresenta soltanto una mera sensazione corporea; rappresenta un fenomeno ben più complesso intrinsecamente correlato agli aspetti cognitivi ed emotivi dell’essere umano.

La nostra capacità di pensiero e la nostra emotività possono infatti influire sulla percezione del dolore e anche sulla sua gestione.

Quali sono gli aspetti mentali che maggiormente influiscono sul dolore?

1) Aspetti cognitivi. In primis, i meccanismi di attenzione. Quando si entra in contatto con una esperienza dolorifica (es. dopo una caduta), qualsiasi nostra attività viene interrotta perché la nostra attenzione si rivolge immediatamente al dolore conseguente la nostra caduta. L’attenzione può influire così abbondantemente nella definizione del dolore che utilizzando tecniche di distrazione, si può diminuire sensibilmente l’intensità di dolore percepito e il grado di sopportazione (per esempio oggi si utilizzano gruppi di terapia e anche la realtà virtuale).

2) Aspetti emotivi. Quando si prova dolore, soprattutto quando il dolore è cronico, il sintomo associato più comune è l’ansia. Paura ed ansia portano spesso ad anticipare la sensazione di dolore, acutizzando di conseguenza la percezione dolorosa. Inoltre, “l’ansia da anticipazione”, se protratta nel tempo, può causare delle conseguenze spiacevoli nella vita quotidiana dei pazienti come l’evitamento sistematico di tutte quelle situazioni che potrebbero causare un danno fisico, un inconveniente o un incidente (e quindi dolore fisico) oppure una tendenza a sviluppare modalità di pensiero patologiche come la catastrofizzazione o la depressione.

Ma allora cosa possiamo fare?

Innanzitutto, non dobbiamo mai scordarci dell’importanza fondamentale delle terapie mediche farmacologiche che rappresentano la via più controllata e approvata per la gestione del dolore. Accanto a queste, però, possiamo anche provare a esplorare alcune terapie coadiuvanti come quelle psicologiche che possono dare un contributo ad alleviare la percezione e i sintomi del dolore. Fare dei corsi che insegnino esercizi specifici per spostare l’attenzione in modo consapevole, tecniche di visualizzazione o di rilassamento per il controllo dell’ansia, training meta-cognitivi (ovvero training che aiutano a focalizzare il pensiero sui nostri meccanismi di pensiero) possono rappresentare un aiuto, anche per i nostri pazienti emofilici.

In conclusione, occorre formazione specifica sull’argomento e un approccio sistemico capace di abbracciare orientamenti e approcci nuovi al tema del dolore.

Come ricorda lo studio condotto dal centro di Parma, il tema del dolore richiede un approccio multidisciplinare. Forse, per alcuni pazienti, anche il supporto psicologico può dare un contributo in questa direzione.


Per un approfondimento:

  • Holstein K, Klamroth R, Richards M, Carvalho M, Perez-Garrido R, Gringeri A. Pain management in patients with haemophilia: a European survey. Haemophilia. 2012;18:743‐752.
  • Kempton CL, Buckner TW, Friedman M, Iyer NN, Cooperd DL. Factors associated with pain severity, pain interference, and perception of functional abilities independent of joint status in US adults with hemophilia: multivariable analysis of the Pain, Functional Impairment, and Quality of Life (P-FiQ) study. Eur J Haematol. 2018;100(Suppl 1):25‐33.
  • Loeser, J. D., & Treede, R. D. (2008). The Kyoto protocol of IASP Basic Pain Terminology. Pain, 137(3), 473-477.
  • Scascighini, L., Toma, V., Dober-Spielmann, S., & Sprott, H. (2008). Multidisciplinary treatment for chronic pain: a systematic review of interventions and outcomes. Rheumatology, 47(5), 670-678
  • Tagliaferri, A., Franchini, M., Rivolta, G. F., Farace, S., Quintavalle, G., Coppola, A, ad hoc Study Group. (2018). Pain assessment and management in haemophilia: A survey among Italian patients and specialist physicians. Haemophilia, 24(5), 766-773.