A cura di Emanuela Marchesini, Rita Santoro e Dario Di Minno
Dal 3 al 5 ottobre a Tirana si è tenuto un incontro formativo organizzato dalla Fondazione EMO e patrocinato da AICE con lo scopo di fornire ai colleghi del Centro Emofilia Bledi Kajala, Anila Godo, Donjeta e Mirela il know-how formativo necessario all’avvio di un importantissimo progetto in Albania: la prima esperienza strutturata di Profilassi Pediatrica.
Grazie alla sensibilità della Regione Toscana, dal 2012 l’Albania riceve 3 milioni di unità di fattore VIII da scambio plasma che, fino ad ora, sono state utilizzate per il trattamento a domanda. L’iniziativa della Regione Toscana si inserisce nell’ambito dell’Accordo Stato-Regioni (ASR) del 7 febbraio 2013 per la “promozione e l’attuazione di accordi di cooperazione per l’esportazione di prodotti plasmaderivati a fini umanitari, che prevede la formazione di risorse umane, nonché il supporto per la progettazione e l’implementazione di reti sanitarie per pazienti emofilici (PE) e altre MEC in quanto attività volte a garantire l’uso razionale ed etico dei medicinali emoderivati originati dal plasma italiano”.
Già negli anni scorsi Fondazione EMO aveva avviato progetti di collaborazione e formazione con l’Albania che ci avevano permesso di creare una rete diretta di collaborazione clinica con i Colleghi di Tirana. In questo contesto è scaturito appunto il progetto di avviare la prima profilassi pediatrica nei pazienti affetti da emofilia. Dall’Italia è partita una delegazione costituita da una rappresentante dell’Istituto Superiore di Sanità Yllka Kodra, che lavora al Centro delle Malattie Rare; da Lucia Elia e Mariapia Falbo, entrambe biologhe del Centro Emofilia di Catanzaro e poi da noi medici dei Centri AICE: Dario Di Minno, Emanuela Marchesini e Rita Santoro.

Le due giornate di lavoro sono state molto intense sia dal punto di vista umano che professionale. I lavori si sono aperti con i saluti istituzionali. E a rafforzare la forte volontà del ministero della salute albanese a sostegno della comunità emofilica locale, era presente il Vice Ministro Mira Rakacolli che ha sottolineato l’importanza di questo progetto e ha fortemente ringraziato le istituzioni italiane e in particolare la Regione Toscana ma anche la Fondazione EMO per il sostegno che è stato mostrato.
I lavori sono poi iniziati rapidamente e sono stati molto intensi. La mattina noi medici abbiamo affrontato i temi del laboratorio, dell’artropatia emofilica e dell’importanza di un monitoraggio strumentale semplice ed efficace come quello ecografico e ovviamente della profilassi. Contemporaneamente le due biologhe, accompagnate da una pronta e in gamba responsabile del laboratorio Etleva Refatllari hanno fatto una dimostrazione pratica e messo a punto la tecnica di determinazione degli inibitori. Nel pomeriggio abbiamo valutato clinicamente ed ecograficamente insieme ai colleghi albanesi i 19 bambini emofilici A e B tra i 2 e i 16 anni che potrebbero essere candidati alla profilassi. I colleghi albanesi si sono confermati molto motivati ed entusiasti nonostante le oggettive difficoltà in cui sono costretti quotidianamente a lavorare. La direttrice Sanitaria Danjela Nika ha dimostrato una sensibilità fuori dal comune. Ha passato insieme a noi e ai colleghi del Centro Emofilia il pomeriggio di venerdì a visitare i bambini con amore e dedizione. Il sabato mattina invece Il Dr Bledi Kajala ci ha mostrato i dati del Registro Albanese e la Dr.ssa Yllka Kodra ha fatto il punto su come dovrebbe essere un registro per rispondere alla normativa Europea, dando ai colleghi preziosi consigli su come procedere (anche per inserirsi nei consessi europei) così da poter accedere a fondi e risorse offerte dalla Comunità Europea.

Infine, dopo aver valutato i pazienti e compreso il più possibile la situazione locale abbiamo stilato insieme ai colleghi albanesi un protocollo che li facilitasse nell’introduzione e nel monitoraggio della profilassi.


L’Albania è una realtà difficile, ci siamo scontrati con un mondo che vuole crescere ed emergere ma che purtroppo deve fare con quello che ha. E quello che ha è veramente troppo poco. Nella presentazione della illuminata e molto preparata Prof Anila Godo (che nella sua carriera annovera anche l’onore di essere stata Ministro della Salute) abbiamo visto immagini di bambini con caschi e ginocchiere e l’abbiamo ascoltata mentre diceva che è assolutamente fondamentale educare i bambini e le famiglie ad indossare tali presidi perché dobbiamo cercare di prevenire. Appunto prevenire; è quello che noi siamo andati ad offrirgli con la profilassi, è quello che noi facciamo tutti i giorni con i nostri pazienti. Ma lì la prevenzione mediante profilassi fino ad oggi non si poteva fare e anche oggi va fatta con calcolatrice alla mano per far bastare per tutti quel milione di unità che è stato vincolato alla profilassi. Lì, amministratori, medici, responsabili di laboratorio e pazienti lavorano tutti nella stessa direzione: fare il massimo con quello che hanno. Purtroppo non hanno abbastanza – i bambini portano i caschi e le ginocchiere ma gli si dice comunque che devono giocare, li scopriamo comunque giocare a calcio anche se la mamma non vuole. I bambini Albanesi sono come i bambini Italiani, vogliono una vita normale e nonostante la malattia strappano comunque momenti di normalità che poi gli costerà cara. Ci siamo preoccupati anche di raccogliere la scala del dolore e ci siamo sentiti rispondere da bambini sorridenti e con gravi deficit funzionali che avevano un dolore 8-9 e non si può fare granché per migliorare la situazione se non aspettare che la burocrazia gli permetta da domani in poi di avviare la profilassi.
Torniamo a casa con tante sensazioni; da un lato la consapevolezza di aver dato un’opportunità a questi bambini, ma dall’altro l’amarezza che a sole poche centinaia di km dalla nostra Italia c’è una situazione così diversa da quella che troviamo a casa nostra. Ritorniamo con nel cuore gli sguardi dei bambini e delle famiglie speranzosi di un futuro migliore e affetti da un’emofilia che da noi non esiste più. Con la precisa sensazione che non possiamo e non dobbiamo abbassare l’attenzione adesso che abbiamo toccato con mano questa realtà.

Infine ci portiamo a casa la grande speranza di trovare nel nostro cammino altri colleghi ed amici che vorranno darci una mano per continuare a dare il nostro piccolo contributo a fare del mondo un posto migliore per un numero di persone sempre maggiore. E intanto ringraziamo tra gli altri quest’AICE che ha deciso di credere in questa esperienza così tanto da darci il suo patrocinio.