Nei giorni scorsi sono stati pubblicati online due articoli che sottolineano il rischio di sanguinamenti anche gravi nei pazienti con malattie emorragiche congenite (MEC) affetti da COVID-19.

Il primo è un case report pubblicato su Haemophilia1 dai colleghi del Centro emofilia di Parma, che hanno seguito una paziente con deficit grave di Fattore XIII colpita da COVID-19, insieme ai colleghi dell’ospedale di Piacenza, dove la paziente era stata ricoverata per febbre, tosse stizzosa, dolore addominale e diarrea. La gestione del COVID-19, diagnosticato in questa donna all’ingresso in ospedale, è stata complicata dall’evidenza di un voluminoso ematoma rifornito della parete addominale, verosimilmente scatenato dai violenti e ripetuti accessi di tosse, che ha necessitato accanto alla terapia sostitutiva con il concentrato di FXIII, di una procedura di embolizzazione per via endovascolare. La profilassi con il concentrato di FXIII è stata protratta, oltre per consolidare la risposta emostatica, per consentire la profilassi antitrombotica con eparina a basso p.m. (a dose aggiustata secondo il peso), che ha un ruolo chiave nella gestione del COVID-19.

Questi temi sono stati ripresi dai colleghi di Parma, insieme a Massimo Franchini, in un commentary pubblicato da Seminars in Thrombosis and Hemostasis2 , che sottolinea come siano ancora poco noti il decorso clinico e il rischio emorragico del COVID-19 nei pazienti con MEC e che non vi sono dati sul possibile impatto del difetto coagulativo sull’incidenza e sulla gravità della malattia, alla luce del ruolo che invece l’ipercoagulabilità riveste in termini di complicanze trombotiche polmonari e sistemiche e di mortalità. Viene ribadito che i pazienti con MEC devono essere trattati secondo i protocolli previsti per tutti i pazienti, senza preclusione per nessun approccio terapeutico, anche invasivo, purché sia associata una adeguata profilassi antiemorragica. Accanto al rischio di emorragie dovuto alla malattia stessa (es. emottisi, epistassi, emorragie gastro-enteriche), anche la gestione clinica e terapeutica usuale può incrementare la possibilità di eventi emorragici nei pazienti con MEC, come per via delle ripetute punture arteriose per il monitoraggio emogasanalitico o gli accessi venosi centrali necessari alla terapia, la ventilazione invasiva e l’uso di farmaci, in primis gli antinfiammatori non steroidei e l’eparina a basso p.m.

Questa prima fase pandemica da COVID-19, almeno in Europa, è in via di attenuazione. Meno pressati dall’emergenza, sarà importante ora cercare di raccogliere quante più informazioni possibili per rispondere alle numerose incognite riguardanti COVID-19 e i pazienti con MEC.   

 


Per Approfondire

  1. Quintavalle G, Coppola A, Ruggieri A et al. Severe bleeding in a patient with factor XIII deficiency and COVID-19. Haemophilia 2020 Jun 9;10.1111/hae.14088.  doi: 10.1111/hae.14088. Online ahead of print
  2. Coppola A, Tagliaferri A, Rivolta GF et al. Confronting COVID-19: issues in haemophilia and congenital bleeding disorders. Semin Thromb Hemost. 2020 Jun 8. doi: 10.1055/s-0040-1712961. Online ahead of print.