A cura di Anna Chiara Giuffrida e Antonella Coluccia

L’ultima sessione del Convegno si è aperta con un intervento registrato di Gianluigi Pasta, che ha trattato di “Sport ed Emofilia”. Il movimento, declinato in tutte le sue forme, fino all’attività fisica e allo sport, è fondamentale per la vita di tutti noi, E’ chiaramente dimostrato che la sedentarietà è un fattore di rischio per malattie cardiovascolari, diabete tipo II, alcuni tumori ed è responsabile di morte prematura. Viceversa il movimento migliora lo stato di salute agendo con differenti meccanismi: riduce i livelli di colesterolo LDL (e aumenta quelli di HDL); incrementa la sensibilità all’insulina e migliora la tolleranza al glucosio; aumenta la capacità respiratoria; stimola il sistema immunitario ed agisce positivamente sul cuore riducendo la frequenza cardiaca, aumentando la gittata sistolica e riducendo la pressione arteriosa. Sicuramente quindi attività fisica e sport migliorano la qualità di vita e riducono la mortalità. Sono veri e propri strumenti sia per la prevenzione primaria, cioè nei soggetti sani, che per la prevenzione secondaria, quindi nei pazienti affetti da patologie. Numerosi sono i dati scientifici pubblicati a dimostrarlo.

Ma che tipo di sport fare? Quanto sport fare?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha emanato delle linee guida che raccomandano il fabbisogno di attività fisica minimo, distinguendo le differenti fasce di età. E in Italia? Solo una percentuale modesta della popolazione segue queste indicazioni e c’è una correlazione inversa con lo stato nutrizionale, quindi con il grado di sovrappeso e di obesità. Questo fenomeno coinvolge tutto il nostro paese, ma in modo differente a seconda delle regioni ed è influenzato da fattori quali il sesso, il tenore economico e il grado di istruzione.

E, come stanno le cose nella popolazione emofilica?

Focalizzando l’attenzione su questo tema, il Dr. Pasta ha proseguito il suo intervento sottolineando che i pazienti emofilici hanno ormai un’aspettativa di vita sovrapponibile a quella della popolazione generale e, pertanto, sempre di più andranno incontro alle patologie tipiche dell’invecchiamento.
È dunque fondamentale che anche negli emofilici si adottino le misure di prevenzione primaria e secondaria correlate all’educazione al movimento. In questi pazienti, inoltre, il rinforzo muscolare contribuisce alla stabilità articolare riducendo la frequenza e la gravità degli episodi emorragici, a beneficio della qualità di vita e dell’autostima.

Se l’effetto benefico dello sport è ormai riconosciuto da molti Autori, non vi è ancora consenso sul tipo e sulla quantità di movimento che dovrebbe essere svolto dai nostri pazienti. Recenti esperienze nazionali ed internazionali hanno mostrato che alcune attività sportive notoriamente scoraggiate nel mondo dell’emofilia sono invece individualmente praticate.
Il Dr. Pasta suggerisce di superare il concetto di classificare gli sport sulla base di quello che è permesso e quello che è vietato, preferendo l’individualizzazione. Probabilmente, quando si parla di personalizzare la terapia si deve considerare anche la personalizzazione delle scelte di attività quotidiana e dell’attività sportiva. Per rendere possibile questo, è auspicabile che in futuro ci ci si orienti verso il coinvolgimento dei medici dello sport all’interno del gruppo multidisciplinare del Centro Emofilia. Il medico dello sport potrà contribuire ad individuare e personalizzare lo sport da praticare, identificando per ciascun paziente le sue aspettative, rischi e benefici di una certa disciplina e consigliando così l’attività più idonea per quel paziente. Senza dimenticare, conclude Pasta, che dobbiamo valutare il sistema muscoloscheletrico sempre con l’occhio rivolto alla persona, concetto fortemente sostenuto dall’indimenticabile Axel Seuser, ortopedico e medico dello sport di fama internazionale e, soprattutto, grande amico anche di molti colleghi italiani, recentemente scomparso. Si deve partire dalla clinica ma è fondamentale portare avanti anche la ricerca scientifica in questo ambito, poiché mancano evidenze e risultati solidi per definire delle raccomandazioni condivise.

Su questi temi si è incentrato anche l’intervento di Chiara Biasoli, che ha presentato un progetto dal titolo “MEMO“, acronimo di “Movimento per l’Emofilia“, che vuole proporre un percorso di formazione e condivisione tra i professionisti per evidenziare le esigenze ed i benefici legati al movimento ed all’attività sportiva.
Un Comitato Scientifico multidisciplinare composto da molti Soci AICE, ha definito indicazioni utili e necessarie ad ottimizzare la gestione del paziente con emofilia che si approccia all’esercizio fisico; sono stati poi messi a punto degli statements rivolti ai clinici e delle “piramidi del movimento”, quattro rappresentazioni grafiche delle indicazioni rivolte ai pazienti con emofilia, in relazione all’età e alla tipologia di attività fisica praticata (prima fase del progetto). In una seconda fase, saranno condivise le Piramidi e validati gli Statement attraverso una consensus nazionale degli esperti del settore, cui sono invitati a partecipare tutti i Soci AICE, come pubblicato recentemente anche in queste pagine attraverso il sito www.progetto-memo.it, a partire dal 16 ottobre 2020.

La sessione si è conclusa con l’intervento di Dario Di Minno, che ha presentato in una relazione registrata “Le Raccomandazioni per il trattamento della sinovite”, in via di definizione da parte del  Gruppo di Lavoro Muscoloscheletrico (GdL MSK) di AICE.

Ormai è noto che la profilassi debba essere proposta per prevenire i sanguinamenti all’interno delle articolazioni e, nel tempo, lo sviluppo e/o la progressione dell’artropatia emofilica. Tuttavia, diversi studi hanno evidenziato che il danno articolare progredisce nel tempo nonostante la profilassi ed anche in assenza apparente di emorragie articolari. Sulla scorta di queste evidenze, accanto ai sanguinamenti articolari clinicamente evidenti, si deve quindi cominciare a dare un peso e ad evidenziare anche i possibili sanguinamenti subclinici, parimenti in grado di determinare progressione del danno articolare.
Ciò che si va delineando è un ruolo indiscusso dell’ipertrofia sinoviale come marcatore di “attività di malattia”. L’evidenza di ipertrofia sinoviale, è un indice di trattamento inadeguato, indipendentemente dalle cause (regime di profilassi non sufficiente a proteggere il paziente, mancata aderenza alla profilassi).
Accanto al concetto di “target joint” è stato introdotto quindi il concetto di “articolazione a rischio”, usando la ipertrofia sinoviale come indicatore.

Da questo presupposto è iniziato il lavoro del GdL MSK che ha proposto una survey ai medici dei Centri Emofilia italiani, attraverso la valutazione di una serie di statement sui vari aspetti del trattamento della sinovite, cui hanno risposto 44 specialisti, esprimendo il loro grado di accordo e disaccordo secondo la scala Likert. I risultati di questa survey rappresentano il fondamento delle raccomandazioni in corso di stesura.