A cura di Alessio Branchini e Mirko Pinotti
Il problema della breve emivita dei fattori della coagulazione per la terapia sostitutiva dell’emofilia, che ha guidato negli ultimi due decenni la ricerca di strategie per rallentarne l’eliminazione, estendendone così la permanenza in circolo. I risultati ottenuti con le tecniche sinora utilizzate hanno permesso di ridurre in particolare la frequenza di infusione dei concentrati di FIX ad emivita prolungata, meno significativamente per quelli di FVIII. Non sono ancora disponibili concentrati di FVII con proprietà farmacocinetiche migliorate. Resta poi un desiderio insoddisfatto quello di poter somministrare i concentrati in forme più agevoli, come ad es. gocce nasali.
Questi sono i presupposti di uno studio per la generazione di “super-farmaci” per la terapia delle malattie della coagulazione, tra cui l’emofilia (anche in presenza di inibitori), condotto da un team di ricerca internazionale con competenze in immunologia, biochimica e malattie della coagulazione.
Un ruolo determinante ha giocato il laboratorio in cui lavorano il Dr. Alessio Branchini e il Prof. Mirko Pinotti, presso l’Università di Ferrara, in collaborazione con ricercatori internazionali che fanno capo al Prof. Jan Terje Andersen della University of Oslo e al Prof. Rodney Camire della University of Pennsylvania (Philadelphia, USA).
I risultati di questo studio, dal titolo “An engineered human albumin enhances half-life and transmucosal delivery when fused to protein-based biologics” , sono stati pubblicati il giorno 14 Ottobre sulla prestigiosa rivista Science Translational Medicine, e riguardano un approccio di ingegneria proteica, che consente la produzione di farmaci derivanti dalla “fusione” tra due molecole con proprietà diverse. La molecola presentata nello studio , frutto delle biotecnologie, ha mostrato un’efficacia nel tempo mai riportata in precedenza. In particolare, il farmaco combina un fattore della coagulazione (il fattore VII), e l’albumina, proteina che presenta una alta stabilità. Queste caratteristiche miste conferiscono al fattore ingegnerizzato, cioè il farmaco, la capacità di essere efficace più a lungo all’interno del sangue. Grazie a queste caratteristiche il nuovo farmaco biotecnologico potrebbe quindi rappresentare una nuova soluzione terapeutica per i pazienti, consentendo un numero minore di infusioni. Questa strategia può consentire anche il rilascio attraverso le mucose, per cui può ipotizzarsi l’abbandono della via di somministrazione endovenosa, obiettivo che rappresenterebbe una vera svolta della terapia, con miglioramento significativo della qualità della vita dei pazienti trattati.
Il Dr. Branchini ha presentato questi interessantissimi risultati in un abstract al Convegno Triennale, che è stato insignito del Premio AICE destinato ai lavori di giovani ricercatori sulle tematiche delle innovazioni terapeutiche.

Per Approfondire:
Bern M, Nilsen J, Ferrarese M, Sand KMK, Gjølberg TT, Lode HE, Davidson RJ, Camire RM, Bækkevold ES, Foss S, Grevys A, Dalhus B, Wilson J, Høydahl LS, Christianson GJ, Roopenian DC, Schlothauer T, Michaelsen TE, Moe MC, Lombardi S, Pinotti M, Sandlie I, Branchini A, Andersen JT. An engineered human albumin enhances half-life and transmucosal delivery when fused to protein-based biologics. Sci Transl Med. 2020 Oct 14;12(565):eabb0580. doi: 10.1126/scitranslmed.abb0580.