I coronavirus, così chiamati per la caratteristica disposizione “a corona” delle proiezioni proteiche superficiali, appartengono alla famiglia dei Coronaviridi e sono virus a RNA (a filamento singolo). Sono ulteriormente classificati in quattro generi: Alpha e Betacoronavirus (tipici di pipistrelli, roditori, zibetti e umani), Delta e Gammacoronavirus (rilevati principalmente negli uccelli). Le loro dimensioni variano da 80 a 120 nm. Il genoma virale codifica per due poliproteine replicasi non strutturali e per quattro o cinque proteine strutturali: la spike (S), l’involucro (E), la membrana (M), il nucleocapside (N) e, talvolta, per una proteina emoagglutinina-esterasi (HE). La proteina HE si lega a recettori specifici e guida la fusione della membrana; la proteina S è responsabile dell’ingresso nelle cellule da infettare, le proteine M ed E mediano il processo di assemblaggio virale, la proteina N interna sviluppa i complessi ribonucleoproteici che si legano all’RNA virale.


 

Figura 1. Il SARS-CoV-2


I coronavirus infettano molte specie animali (mammiferi ed uccelli) che possono, pertanto, rappresentare ospiti intermedi o serbatoi animali per infezioni a trasmissione umana mediante il salto di specie (il cosiddetto spillover).
I coronavirus umani (HCoV) rappresentano un ampio gruppo di virus che prevalentemente causano malattie lievi del tratto respiratorio superiore (rinite, laringite, tracheite, sintomatologia simil-influenzale…) ma, talora, possono determinare gravi infezioni respiratorie (polmonite interstiziale).
Ad oggi, sono noti sette coronavirus in grado di infettare gli esseri umani: negli anni ’60 sono stati segnalati, per la prima volta, HCoV-229E e HCoV-OC43; HCoV-NL63 e HCoV-HKU1 sono stati identificati rispettivamente nel 2004 e nel 2005. Inoltre, tre HCoV sono stati rilevati negli esseri umani negli ultimi due decenni e identificati come responsabili di epidemie associate ad alti tassi di mortalità, la sindrome respiratoria acuta grave (SARS)-CoV, la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS)-CoV e la nuova malattia da Coronavirus 2019 (COVID-19) dovuta ad infezione da SARS-CoV-2.

Tabella 1. Principali caratteristiche della sindrome respiratoria severa (SARS)-CoV, della sindrome respiratoria Medio-orientale (MERS)-CoV e del più recente Coronavirus disease 2019 (COVID-19)
Tratto da Lassandro et al. Mediterr J Hematol Infect Dis. 2020 Jul 1;12(1):e2020042


 

Figura 2. I sintomi del COVID-19 in età pediatrica
Tratto da Lassandro et al. Mediterr J Hematol Infect Dis. 2020 Jul 1;12(1):e2020042.


 

Sin dall’inizio della diffusione del nuovo Coronavirus SARS-CoV-2 è stato evidente come i bambini siano stati considerati suscettibili all’infezione, ma in maniera differente rispetto agli adulti, con un decorso clinico meno severo ed un’alta percentuale di casi con decorso asintomatico. L’incidenza di presentazione clinica severa nel contesto pediatrico varia tra il 2% ed il 6%. I bambini con pregresse comorbilità di tipo respiratorio, cardiologico o neurologico presentano un maggior rischio di sviluppare un’infezione grave con manifestazioni cliniche complesse.

Tuttavia, a partire da Aprile 2020, sono iniziate le segnalazioni di un nuovo quadro clinico tipicamente pediatrico, caratterizzato da una severa risposta infiammatoria multisistemica, denominato Multisystem Inflammatory Syndrome in Children o MIS-C, sebbene lo stesso quadro sia stato descritto utilizzando altre definizioni sostanzialmente similari. Le caratteristiche della MIS-C sono febbre persistente, l’incremento di indici di laboratorio che dimostrino la presenza di uno stato infiammatorio, la presenza di un numero variabile di segni clinici generalmente associati alla Sindrome di Kawasaki (congiuntivite, linfoadenopatia, rash muco-cutaneo, coinvolgimento cardiaco), un coinvolgimento multi-organo, l’esclusione di altre possibili diagnosi e il riscontro d’infezione da SARS-CoV-2 in corso o recente (o anche il semplice contatto con una persona risultata positiva).


 

Tabella 2. Definizioni di sindrome infiammatoria multisistemica COVID-correlata.
Tratto da Tam et al. CMAJ 192, E1093–E1096;2020


La MIS-C è comunque una sindrome abbastanza rara, che si manifesta solo nel 0,6% dei bambini entrati in contatto con SARS-CoV-2 ed usualmente si presenta a 3-6 settimane di distanza dall’infezione acuta. I bambini colpiti necessitano, però, di cure intensive e valutazioni pluri-specialistiche. Mentre per quanto riguarda il COVID-19 la severità della presentazione clinica è associata allo stato di immunodepressione del soggetto, la MIS-C sembra colpire soggetti senza particolari comorbilità, fata eccezione per l’obesità. La presentazione clinica di esordio con shock cardiogeno e/o vasoplegico può verificarsi in oltre l’80% dei casi ed è simile per alcuni aspetti a quella tipica della Sindrome di Kawasaki[1]  (sindrome febbrile, trigger infettivo, ritardo di esordio rispetto all’infezione). Alcuni autori ritengono che anche la SARS-CoV-2 possa determinare una Malattia di Kawasaki.

D’altro canto la MIS-C correlata a infezione da SARS-CoV-2 si differenzia dalla Sindrome di Kawasaki per alcuni altri aspetti: l’età d’insorgenza più alta rispetto a quella caratteristica della Kawasaki (6-10 anni vs 2-5 anni), l’alta incidenza di sintomi gastrointestinali con sintomi lievi di nausea, vomito, diarrea sino a gravi quadri di enterite conclamata con disidratazione e/o simili a quelli da appendicite acuta. Ancora, la MIS-C causa più frequentemente disfunzione ventricolare mentre il coinvolgimento coronarico risulta decisamente minore. La linfopenia in presenza di leucocitosi è considerata una caratteristica tipica della MIS-C. Circa il coinvolgimento di citochine nel determinare la sindrome infiammatoria, è inoltre da segnalare che l’interleukina (IL)-17A è la citochina cardine nella Sindrome di Kawasaki, mentre IL-6 scatena la tempesta infiammatoria causa della MIS-C.


 

Figura 3. Rappresentazione schematica dei segni clinici nelle forme severe di infiammazione multisistemica da SARS-CoV-2.
(Tratto da Belhadjer et al. Circulation AHA 2020;142:429-36)


La MIS-C si associa, inoltre, ad uno stato di ipercoagulabilità, da causa non definitamente nota, ma con documentato danno endoteliale e, frequentemente, disfunzione ventricolare. Negli Stati Uniti è stata riportata, inoltre un’incidenza del 1.3% nei bambini in età scolare e nel 7% degli adolescenti sono stati riportati casi di trombosi venosa profonda. In questi casi ogni decisione circa l’opportunità di instaurare una profilassi antitrombotica con agenti anticoagulanti si basa su valutazioni cliniche e alterazioni di parametri di laboratorio. Non sono disponibili, infatti, al momento attuale, risultati da trial clinici prospettici sull’efficacia della terapia anticoagulante o della profilassi antitrombotica nel bambino con COVID-19 o MIS-C.

Ciò non di meno, le indicazioni fornite dalla Società italiana di Pediatria (Gruppo di Studio per la Reumatologia) sono a favore dell’instaurazione di una profilassi antitrombotica in tutti i pazienti con MIS-C con le seguenti modalità:

  • se il paziente ha più di dodici anni somministrare enoxaparina secondo peso corporeo con target terapeutico desiderabile di anti-Xa a 4 ore dalla somministrazione di eparina pari a 0,2-0,5 U/ml;
  • nei pazienti di età inferiore a 12 anni considerare la profilassi antitrombotica in caso di presenza dei seguenti fattori di rischio: incremento del D-dimero > 5 volte il valore di riferimento, D-dimero normale o alterato ma presenza di almeno un altro fattore di rischio (vedi stratificazione del rischio tromboembolico).
  • La terapia antiaggregante deve essere considerata solo se presente piastrinosi o coinvolgimento coronarico.

Paziente con MIS-C D-dimero>5X Fattori di rischio aggiuntivi* Profilassi antitrombotica suggerita
SI NO/ND SI
NO Uno o più SI
NO NO NO

* possibili fattori di rischio aggiuntivi per tromboembolismo

  • Catetere venoso centrale
  • Ventilazione meccanica
  • Degenza prolungata (ad es. >3 giorni)
  • Completa immobilità (ad es. Braden Mobility Score = 1)
  • Obesità (ad es. BMI >95esimo percentile)
  • Neoplasia in corso, sindrome nefrotica, esacerbazione della fibrosi cistica,  crisi vaso-occlusiva da anemia falciforme, comparsa di malattie infiammatorie (lupus, artrite giovanile idiopatica, IBS…)
  • Malattia cardiaca congenita o acquisita con stasi venosa o ritorno venoso compromesso
  • Storia clinica di trombosi venosa profonda
  • Storia familiare di TVP prima dei 40 anni o TVP ingiustificato
  •  Trombofilia nota (proteina S, proteina C, o deficienza di antitrombina; fattore V Leiden, fattore II G20210A; anticorpi antifosfolipidi persistenti)
  • Pubertà, post-pubertà, o età >12 anni
  • Assunzione di contraccettivi a base di estrogeni
  • Screening emoglobinopatie

Tabella 3. Stratificazione del rischio tromboembolico.
Tabella ripresa da Goldenberg et al. J Thromb Haemost 2020; 18: 3099–10


 

E nei bambini affetti da emofilia o altre MEC, qual è l’impatto della MIS-C? Quale atteggiamento terapeutico va intrapreso in considerazione del difetto coagulativo di base?

Al momento non vi sono dati in letteratura, per cui la comunità medico-scientifica delle MEC deve innanzitutto assumere consapevolezza di questa manifestazione clinica per riconoscerla tempestivamente, valutarne l’approccio di terapia più adeguato allo specifico piccolo paziente e, appena possibile, divulgare i dati dell’esperienza clinica maturata.

È dunque fortemente raccomandata un’accurata osservazione dei pazienti pediatrici con MEC che manifestino COVID-19, per valutare il possibile sviluppo di MIS-C e l’opportuna gestione clinico-terapeutica. In questa direzione, AICE si è predisposta a fornire il proprio contributo, grazie allo studio MECCOVID, già avviato in alcuni Centri AICE e in via di approvazione/attivazione in molti altri. Lo studio è volto a raccogliere retrospettivamente e prospetticamente i dati clinici ed epidemiologici dei pazienti con MEC di tutte le età che abbiano presentato/presentino COVID-19. Si spera pertanto che questo studio possa dare informazioni anche sulle manifestazioni in età pediatrica e sulla gestione di quadri come la MIS-C.

 

 


Per Approfondire…

[1] La malattia di Kawasaki è una malattia infiammatoria rara, caratterizzata da vasculite sistemica febbrile autolimitante dei vasi di medie dimensioni che colpisce prevalentemente i bambini. Spesso causa un’arterite coronarica acuta che si associa ad aneurismi delle arterie coronarie  che, se non trattati, possono essere letali.