a cura di Antonio Coppola
Il 2 novembre u.s., esattamente a 16 anni dall’arruolamento dei primi due pazienti prospettici, all’inizio di novembre del 2005, è stato pubblicato online da Haemophilia1 il lavoro che riporta i risultati finali dello studio PROFIT, acronimo del titolo inglese (PROgnostic Factors in Immune Tolerance) del Registro Italiano dei trattamenti di induzione dell’immunotolleranza (ITI) nei pazienti con emofilia A e inibitore.
Il Registro era stato istituito da AICE con lo scopo di raccogliere l’esperienza di ITI maturata in Italia, significativa ma dispersa nei vari centri, e monitorare la pratica clinica in un momento in cui, a livello internazionale, la ricerca era particolarmente orientata a individuare le modalità di trattamento e le caratteristiche cliniche individuali associate al successo di questo approccio, così impegnativo per il paziente, la sua famiglia (molto spesso si tratta di bambini), gli stessi medici dei Centri e che comporta l’impiego di ingenti risorse per il sistema sanitario.
È il traguardo di un lungo percorso che ha visto l’impegno corale di AICE, con 24 Centri partecipanti insieme ai due Centri Coordinatori (Milano e Napoli) e al Laboratorio Centrale di Genetica (Foggia/S. Giovanni Rotondo), in una raccolta di informazioni che è andata a ritroso nei dieci anni precedenti l’avvio dello studio (fase retrospettiva), per protrarsi nei dieci anni successivi, fino alla fine del 2015 (fase prospettica), arrivando al marzo 2018, in modo da concludere il follow-up dell’ultimo paziente arruolato, secondo quanto previsto dal protocollo (almeno un anno dopo la definizione della risposta all’ITI).


Lo studio, di natura osservazionale, prevedeva la raccolta dei dati relativi ai trattamenti di ITI condotti dai Centri italiani, senza alcuna selezione riguardo al regime prescritto (dose e tipo del concentrato di FVIII) o alle modalità di inizio e conduzione dell’ITI (eventuali variazioni di dose e tipo di concentrato), ma richiedeva una rigorosa valutazione della risposta, secondo i criteri al momento riconosciuti a livello internazionale per definire successo, risposta parziale o fallimento dell’ITI. La valutazione della risposta effettuata dai Centri, prevedeva, inoltre, la revisione/supervisione dei Centri coordinatori, sia per i casi retrospettivi che, in particolare, per quelli prospettici. Si è venuta a creare così un’ animata rete di contatti tra i Centri, non solo finalizzata allo studio, ma un vero e proprio dibattito sull’ITI, dalle scelte cliniche generali alla discussione di casi particolari, che si alimentava ad ogni riunione AICE, con gli aggiornamenti dello studio, o in occasione degli Investigators’ Meeting, tenutisi nei primi due anni, e la diffusione delle Newsletter (chiamate ‘ProfitNews’), nonché durante i Convegni nazionali e internazionali cui venivano presentati i risultati delle analisi ad interim. Tutto ciò ha contribuito ad arricchire le conoscenze sull’ITI dei clinici italiani, con il confronto delle esperienze di Centri che avevano seguito più pazienti e quelle di Centri con casistiche più limitate, e l’opportunità di definire approcci condivisi, in particolare per il monitoraggio e la valutazione della risposta.
Ecco perché il PROFIT, al di là dell’indubbio rilievo scientifico della attuale pubblicazione conclusiva, di quella preliminare, nel 2009, sul Journal of Thrombosis and Haemostasis2 e degli oltre 20 abstract pubblicati sui supplementi delle riviste dedicati ai Convegni ISTH, WFH, triennali AICE e SISET, rappresenta molto più di uno studio clinico: è il patrimonio di due decenni di esperienza clinica e la testimonianza di una sinergia di intenti, rivelatasi davvero preziosa per la nostra Società.
Se queste osservazioni possono sembrare ‘soggettive’ e condizionate dal coinvolgimento nello studio di chi scrive, veniamo ai risultati ‘oggettivi’ del PROFIT, appena pubblicati.

Per la definizione dei fattori prognostici di successo all’ITI, degli oltre 170 pazienti arruolati, le analisi si sono concentrate sui 137 pazienti con emofilia A grave e inibitore ad alta risposta anamnestica (HR), sottoposti ad un primo trattamento di ITI, in modo da valutare una popolazione il più possibile omogenea. La revisione ‘centralizzata’ della risposta al trattamento e la raccolta prospettica dei dati in circa la metà dei casi rappresentano ulteriori punti di forza. Dei pazienti valutati, il 51% ha ottenuto successo completo in un tempo mediano di 11 mesi, mentre in un ulteriore 16% si è registrata una risposta parziale.
Nel complesso, dunque, i dati del PROFIT evidenziano l’efficacia dell’ITI nell’eradicazione degli inibitori HR in emofilici A, dimostrando come due terzi dei pazienti abbiano avuto la possibilità di ripristinare la risposta clinica al FVIII e instaurare un regime di profilassi. Questo risultato si rivela, peraltro, duraturo, in quanto solo meno del 3% dei pazienti ha presentato una recidiva di inibitore, nel corso di un follow-up mediano di ben 120 mesi ed è di particolare importanza, in quanto pochi studi hanno un’osservazione così prolungata, dopo il termine dell’ITI, e ancora più esigui sono i dati prospettici riportati in altri studi.
L’ITI è stata praticata utilizzando per lo più concentrati ricombinanti (in linea con l’uso prevalente dello stesso concentrato associato allo sviluppo di inibitore), con regimi di dose di FVIII elevata (circa 200 UI/Kg/die) o intermedia (100 UI/Kg/die, in oltre il 40% dei casi). Analizzando le caratteristiche dei regimi di ITI e dei pazienti arruolati sono stati identificati quali fattori prognostici di successo: un titolo di inibitore a inizio dell’ITI inferiore a 10 BU/mL, meglio ancora se<5BU/mL, un picco storico massimo <200 BU/mL e, in particolare, un picco di inibitore in corso di ITI inferiore a 100 BU/mL. Se questi parametri erano già stati considerati come possibili fattori prognostici anche in altri studi o Registri ITI, dato veramente originale del PROFIT è l’identificazione del ruolo del tipo di mutazioni a carico del gene F8.

Nei pazienti portatori di varianti non-null (missense, piccole inserzioni e delezioni) si è dimostrata, infatti, una probabilità di successo oltre 4 volte superiore rispetto ai pazienti con mutazioni null (ampie delezioni, inversioni, nonsense e mutazioni di splicing), e risultavano più brevi anche i tempi per ottenere il successo. Nel complesso, utilizzando questi 4 fattori predittivi, è stato possibile definire uno score prognostico con un elevato potere predittivo positivo di successo, sia utilizzando i tre parametri già noti prima dell’inizio dell’ITI, ma soprattutto aggiungendo ad essi il dato circa il picco massimo di inibitore verificatosi durante l’ITI, ottenendo così un valore predittivo di oltre 80%. Altro dato di grande interesse rilevato è la correlazione del successo all’ITI con l’assenza di emorragie e di eventi avversi (infezioni, patologie intercorrenti, chirurgie, ecc.) nel corso del trattamento, suggerendo come tali evenienze possano rappresentare altrettanti stimoli immunologici che interferiscono con le possibilità di eradicare l’inibitore.
Le informazioni fornite dallo studio PROFIT provengono da esperienze maturate in anni precedenti l’introduzione nella comune pratica clinica della profilassi con l’agente non-sostitutivo emicizumab, che ha rivoluzionato la gestione dei pazienti con inibitore. Cionondimeno, i risultati ottenuti sono di notevole utilità e attualità: sottolineano l’efficacia a lungo termine dell’ITI, condotta con un monitoraggio rigoroso della risposta, il ruolo della profilassi delle emorragie in corso di ITI e la possibilità di individuare i pazienti con maggiori probabilità di successo a tale trattamento. Un patrimonio che i clinici e ricercatori dell’AICE hanno raccolto e consegnano a quelli che oggi sono impegnati nella difficile sfida della gestione dei pazienti con inibitore. Un passaggio di testimone con la speranza che ne facciano tesoro, ne implementino le indicazioni nella attuale pratica clinica e le considerino la base di partenza per disegnare nuovi progetti che, ci auguriamo, possano rivelarsi altrettanto fruttuosi e capaci di rinnovare la volontà di collaborazione tra i Centri, che ha caratterizzato il PROFIT.
E non posso che concludere con un doveroso, sentito ringraziamento, a nome dei coordinatori dello studio, a tutti i colleghi dell’AICE PROFIT Study Group, che in questi 16 anni hanno contribuito al suo successo, sperando di raggiungere da queste pagine anche coloro che oggi sono lontani, si dedicano ad altro e non incontriamo facilmente, certi che conservino nel cuore un posto per AICE e per il PROFIT!

Per Approfondire…
- Di Minno G et al, Haemophilia 2021 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34727394
- Coppola A et al, J Thromb Haemost 2009 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19740093