A cura di Antonella Coluccia

La trombosi rappresenta una delle principali cause di mortalità essendo responsabile di circa uno su quattro decessi in tutto il mondo. L’embolia polmonare (EP), che è spesso conseguenza di una trombosi venosa profonda (TVP), anche asintomatica, è responsabile del 5-10% dei decessi ospedalieri e costituisce la più comune causa prevenibile di morte intra-ospedaliera. Oltre al rischio immediato di mortalità, il TEV (tromboembolismo venoso) si associa anche a un rischio a lungo termine di sindrome post-trombotica e di ipertensione polmonare cronica. Perché il TEV si possa prevenire, è necessario stratificare accuratamente il rischio in ciascun paziente ospedalizzato, adottando adeguate strategie di profilassi antitrombotica, farmacologica e/o meccanica. Unitamente alla valutazione del rischio di TEV, ogni paziente, in particolare nel setting chirurgico, deve essere valutato attentamente per il rischio emorragico, prima di proporre e definire una profilassi farmacologica1.

Secondo le raccomandazioni dell’American College of Chest Physician2, ai pazienti che presentano almeno un fattore di rischio per sanguinamento non deve essere proposta alcuna profilassi farmacologica, a meno che il rischio di TEV superi di gran lunga quello emorragico.

In assenza di profilassi, l’incidenza di TVP nei pazienti ricoverati per patologie mediche o chirurgiche varia dal 10 al 40% e raggiunge il 40-60% nei pazienti sottoposti a interventi di chirurgia maggiore, specie se ortopedica. Naturalmente il rischio varia in rapporto all’età, al tipo e alla durata dell’intervento, nonché a fattori di rischio addizionali come l’obesità, il diabete, le patologie cardiovascolari, recente ictus, trombofilia congenita, neoplasie, sepsi, accessi venosi centrali, traumi maggiori, ecc.

Lo Score di Caprini modificato assegna un punteggio per il rischio trombotico in base a più fattori: caratteristiche del paziente (età, BMI, ecc), tipo di intervento e durata dell’immobilizzazione prevista nel postoperatorio, anamnesi patologica remota. Vengono così definite le seguenti categorie di rischio in base al punteggio ottenuto3:

  • rischio molto basso
  • 1-2  rischio basso
  • 3-4 rischio moderato
  • ≥ 5 rischio elevato

Di seguito sono riportate le raccomandazioni dell’ACCP in base allo score di Caprini.

Il tema della profilassi antitrombotica nei pazienti con emofilia e malattie emorragiche congenite (MEC) ha ricevuto crescente attenzione negli ultimi anni, alla luce dell’incremento dell’aspettativa di vita e del conseguente più significativo impatto delle comorbilità correlate all’invecchiamento in questa popolazione. La mancanza di studi ampi e rigorosi rende difficile definire raccomandazioni ‘evidence-based’, per cui le modalità di profilassi antitrombotica nei pazienti con MEC sono  elaborate per lo più sulla base del parere di esperti. Un documento specifico è stato pubblicato dall’European Society of Anaesthesiology (ESA) nell’ambito  delle linee guida europee sulla profilassi del TEV perioperatorio4, con la definizione di alcune raccomandazioni essenziali cui, per i motivi su citati, non si può assegnare grado elevato, fatta eccezione per la prima che ha carattere generale :

  • valutare attentamente Il bilancio del rischio TEV/rischio emorragico individuale (Grado 1C).
  • evitare tromboprofilassi farmacologica di routine (Grado 2C)
  • evitare sovradosaggio della terapia sostitutiva (Grado 2C)
  • utilizzare preferenzialmente profilassi meccanica (Grado 2C)

Nei paragrafi che seguono riportiamo alcune considerazioni sul rischio trombotico e i suggerimenti per la tromboprofilassi nelle diverse MEC.

Emofilia A e B grave

L’incidenza di TEV nei pazienti con emofilia dopo intervento di artroprotesi in assenza di profilassi farmacologica si stima intorno a 0.5 %, circa la metà di quella dei pazienti non emofilici che ricevono profilassi anticoagulante5-6. L’incidenza di trombosi venosa profonda post-operatoria sub-clinica diagnosticata con ultrasonografia riuslta variabile tra 0 e10% 7-9. La più giovane età dei pazienti emofilici che si sottopongono a questi interventi rispetto alla popolazione generale rappresenta verosimilmente un fattore determinante nella riduzione del rischio di TEV, insieme, per gli emofilici A, alla mancanza della risposta reattiva che determina notevoli incrementi dei livelli di Fattore VIII nel post-operatorio. Questi dati suggeriscono l’uso cauto della tromboprofilassi farmacologica negli emofilici gravi sottoposti a chirurgia maggiore, valutando molto accuratamente il rischio individuale. Questo atteggiamento è ribadito nelle recenti linee guida della World Federation of Haemophilia10 che, in linea con quanto definito dall’ESA, raccomandano:

  • di non adottare routinariamente la tromboprofilassi farmacologica;
  • di considerare, nella chirurgia ad alto rischio (ortopedica e addominale maggiore, per neoplasia, o con protratta immobilizzazione) i metodi di profilassi meccanica;
  • di utilizzare nei pazienti in cui il bilancio tra rischio emorragico e rischio tromboembolico faccia propendere per la tromboprofilassi farmacologica(per fattori di rischio trombotico aggiuntivi) le stesse strategie della popolazione generale, con adeguata copertura con la terapia sostitutiva (non sono chiari i livelli minimi di FVIII/FIX, secondo alcuni esperti almeno 10%, che nel caso del paziente chirurgico sono ampiamente mantenuti);
  • di evitare la tromboprofilassi farmacologica nei pazienti con inibitore.

In questi ultimi, comunque, va tenuto in considerazione il potenziale rischio trombotico legato al trattamento con agenti bypassanti che, oggi, in gran parte dei pazienti, si associa alla profilassi con emicizumab. Il rischio sembra essere minimizzato evitando l’associazione con il concentrato di complesso protrombinico, utilizzando cioè, in caso di chirurgia, il fattore VII attivato ricombinante11, ma i dati disponibili sono ancora limitati. Non emergono ad oggi segnali di rischio riguardo all’associazione di emicizumab con i concentrati di FVIII nei pazienti senza inibitore, ma anche in questo caso occorre raccogliere maggiori informazioni dalle esperienze cliniche ‘real world’.

Va sottolineata l’importanza di un attento monitoraggio di laboratorio della terapia sostitutiva nel post-operatorio, in modo da evitare, da un lato, livelli eccessivi di FVIII/FIX e, dall’altro, livelli insufficienti a garantire la protezione dal rischio emorragico in caso di tromboprofilassi farmacologica.

Malattia di von Willebrand

La trombosi è rara nei pazienti con malattia di von Willebrand, tuttavia è stata osservata più frequentemente che in pazienti con emofilia. La maggior parte dei casi è stata descritta in chirurgia ortopedica maggiore ed altre chirurgie ad alto rischio di TEV in pazienti con fattori di rischio aggiuntivi (neoplasia, terapia estro-progestinica), in particolare in associazione ad elevati livelli di FVIII post-operatori12-16. Nei pazienti con VWF, infatti, è conservata la sintesi endogena di FVIII, che viene riattivata quando ricevono terapia sostitutiva con VWF che, utilizzando concentrati di FVIII/VWF, apporta anche FVIII. Il FVIII endogeno, perciò, si aggiunge a quello somministrato per la terapia. È perciò fondamentale monitorare accuratamente i livelli di FVIII (e di VWF) nel post-operatorio e valutare il rapporto del contenuto di FVIII e VWF dei concentrati nella prescrizione della terapia sostitutiva. Particolare attenzione va riservata al tipo 2B, per il quale è controindicata la desmopressina come emostatico in chirurgia per il rischio di trombocitopenia (a causa dell’aumentato legame alla GPIba delle piastrine) ed eventi trombotici principalmente in soggetti anziani e con fattori di rischio/patologia cardiovascolare.

La tromboprofilassi farmacologica è, in genere, raccomandata per i pazienti con malattia di von Willebrand nella chirurgia ortopedica maggiore e ad alto rischio di TEV. Il documento ESA 2018 assegna alla raccomandazione il grado 2C, sottolineando, ancora, che è raccomandato il controllo di laboratorio del FVIII e del VWF ogni 12 ore per le prime 24 ore, poi giornalmente (Grado 1B), e che è opportuno utilizzare concentrati con il rapporto più alto VWF:FVIII, per evitare accumulo pericoloso di FVIII (Grado 1C)4.

In quest’ottica, i principi di terapia europei17, nel sostenere l’utilizzo degli usuali approcci di tromboprofilassi, considerano, in caso sia previsto un trattamento prolungato con infusioni ripetute in condizioni di alto rischio di TEV (anziani, chirurgia oncologica e ortopedica) la possibile indicazione dei concentrati privi di FVIII. Le recenti raccomandazioni internazionali sulla gestione della malattia di von Willebrand sottolineano di evitare nella terapia sostitutiva livelli di FVIII e VWF >150%18.

Deficit di Fattore XI

Il rischio di complicanze trombotiche sia arteriose che venose (TEV, ictus ischemico) è stato evidenziato in corso di terapia sostitutiva con i concentrati di FXI, non disponibili in Italia, ma importabili per uso nominale su indicazione dello specialista. Tale rischio appare ridotto per livelli di FXI <15%, mentre aumenta in parallelo all’incremento dei livelli di FXI e in caso di sovradosaggio del concentrato. L’impiego di plasma fresco congelato per la terapia sostitutiva, invece, non aumenta il rischio trombotico 19-22.

Alla luce di ciò, il documento dell’ESA 2018 fornisce le seguenti raccomandazioni (in parentesi il grado)4:

  • Dosare al «minimo di efficacia emostatica» il concentrato di FXI per ridurre il rischio trombotico (Grado 1C)
  • Adottare la tromboprofilassi meccanica in tutti i pazienti con difetto di FXI (grado 1C)
  • Considerare l’opportunità della profilassi antitrombotica farmacologica in casi selezionati (Grado 2C)
  • Evitare l’associazione dell’acido tranexamico con il concentrato di FXI per ridurre il rischio trombotico (Grado 2C).

Deficit di Fattore VII

Il difetto congenito del FVII della coagulazione è stato associato a trombosi specie in presenza di fattori di rischio aggiuntivi (trombofilia eredofamiliare, anticorpi antifosfolipidi) e in chirurgia maggiore con terapia sostitutiva con FVII attivato ricombinante. E’ stato rilevato un incremento del rischio in pazienti portatori di alcune varianti geniche del FVII (R304Q and A294V), critiche per il legame con il fattore tessutale. Bassi livelli di FVII non risultano protettivi nei confronti della trombosi 23-26.

La trombopropilassi farmacologica in chirurgia può essere considerata nei pazienti con difetto congenito di FVII con valori ematici superiori a 10-30%, particolarmente in presenza di fattori di rischio trombotici aggiuntivi (Grado 2C)4. La tromboprofilassi è ritenuta, invece, controindicata a valori ematici del FVII <10%.

Deficit di Fattore X

Trombosi sono state descritte in pazienti con difetto congenito del FX prevalentemente in rapporto al sovradosaggio dei concentrati di FX (oppure del complesso protrombinico in assenza del concentrato specifico), particolarmente in presenza di fattori di rischio aggiunti. Non sono state osservate trombosi con l’uso del concentrato di FX altamente purificato29.

Per i pazienti con deficit di FX, così come per altre MEC rare, non sono definibili raccomandazioni riguardo l’uso della tromboprofilassi, che si considera in relazione al rischio individuale, anche alla luce del fenotipo emorragico del paziente, che non è sempre chiaramente correlato al livello residuo del fattore.

Deficit della funzione piastrinica (piastrinopatie)

Alcune complicanze trombotiche sono state descritte in pazienti con disordini congeniti della funzione piastrinica, in particolare associate all’uso del fattore VII attivato ricombinante come emostatico, in caso di terapie protratte e presenza di fattori di rischio aggiuntivi30. Anche per questo tipo di pazienti non sono definibili particolari raccomandazioni, considerando l’eventuale tromboprofilassi chirurgica sulla scorta della verifica individuale del bilancio tra rischio emorragico e rischio di TEV.

Quest’ultima valutazione resta in conclusione, il principio cardine per definire le indicazioni alla tromboprofilassi nei pazienti con MEC, in particolare nel setting chirurgico. Si ribadisce cautela nella prescrizione della tromboprofilassi farmacologica nei pazienti con emofilia e altre MEC con fenotipo grave, in caso di interventi di chirurgia maggiore, in particolare ortopedica, considerando i casi in cui i fattori di rischio trombotico prevalgono sul rischio emorragico. Fortemente raccomandato è l’impiego di presidi antitrombotici meccanici come calze elastiche e compressione meccanica intermittente. In tutti i casi è mandatoria la gestione del paziente in stretta collaborazione con il medico specialista del Centro Emofilia e con il laboratorio, per garantire la sicurezza della terapia emostatica, mantenendo la protezione antiemorragica e, nel contempo, evitando l’incremento del rischio trombotico.


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