È stata diffusa da Roche nei giorni scorsi la notizia del primo caso confermato di sviluppo di anticorpi neutralizzanti emicizumab in un paziente arruolato nello studio HAVEN 2, il trial clinico di fase III volto a valutare efficacia e sicurezza del farmaco in bambini emofilici A con inibitore di età inferiore a 12 anni.

La comparsa dell’anticorpo anti-emicizumab si è tradotta in una perdita di efficacia del farmaco. Pertanto, è stato necessario sospendere il trattamento con emicizumab ed il paziente è uscito dallo studio, in accordo con la famiglia, ritornando alla terapia precedentemente praticata. L’anticorpo neutralizzante emicizumab interferisce con la funzione del farmaco ma non ha effetti inibitori sul fattore VIII allogenico o autologo. La presenza di questi anticorpi, dunque, non condiziona il quadro clinico di base né la possibilità di trattamento degli eventi emorragici con agenti bypassanti e/o fattore VIII convenzionali. La comparsa di anticorpi neutralizzanti è una potenziale complicanza di tutti i trattamenti a base di proteine esogene e tale rischio è descritto nelle informazioni prescrittive di emicizumab (Hemlibra). Nessun paziente dell’HAVEN 1, il trial clinico condotto nei pazienti di età > 12 anni, era risultato positivo al test per la ricerca degli anticorpi anti-farmaco e, in base ai dati finora disponibili, il paziente dell’HAVEN 2 risulta l’unico caso confermato. Si stima che ad oggi circa 600 soggetti emofilici A (con e senza inibitori) siano stati trattati con emicizumab.

La notizia è stata pubblicata anche dal sito della World Federation of Hemophilia (WFH) e dal Medical and Scientific Advisory Council (MASAC) della National Hemophilia Foundation (NHF), che ha redatto un documento di aggiornamento delle informazioni di sicurezza su emicizumab e delle raccomandazioni per la specifica farmacovigilanza. La sicurezza dei pazienti, sottolinea il MASAC, è di primaria importanza ed è la ragione per cui esiste un sistema molto accurato di monitoraggio, di emicizumab come di tutti i farmaci, dai trial clinici alla sorveglianza post-marketing, che comprende anche la fase di utilizzo per uso compassionevole, vale a dire l’uso, valutato caso per caso, di un prodotto non ancora autorizzato ma reso disponibile quando possa rappresentare l’unica alternativa terapeutica. In tale fase è possibile che ricevano il farmaco pazienti molto compromessi, che possono andare incontro ad eventi avversi gravi, anche morte. E’ necessaria un’accurata e completa registrazione dei dati di questi eventi, compresa la valutazione da parte del medico che sta seguendo il trattamento della possibile correlazione dell’evento con il farmaco in uso. In questo ambito, nell’ambito della recente revisione dei dati di sicurezza di emicizumab, sono stati segnalati 5 casi di morte in pazienti in trattamento con il farmaco, 3 dei quali per uso compassionevole. Nessuno dei decessi è stato considerato correlato al farmaco, per cui, pur non essendo noti ancora i dettagli relativi a questi 5 casi, il rapporto rischio-beneficio di emicizumab è stato considerato non modificato.

Sulla base di questa nuova segnalazione di anticorpi neutralizzanti il farmaco, WFH e MASAC sottolineano l’importanza, sia per i medici che per i pazienti, di monitorare attentamente l’efficacia clinica di emicizumab, come del resto di ogni prodotto utilizzato per il trattamento dell’emofilia. La perdita di efficacia si può manifestare con un incremento della frequenza dei sanguinamenti, per cui i pazienti con sospetta perdita di efficacia del farmaco devono immediatamente sottoporsi alla valutazione dello specialista di riferimento.

Accanto a ciò, il MASAC sottolinea che:

  • l’attività di emicizumab può essere valutata utilizzando il test cromogenico per la determinazione dell’attività del fattore VIII con reagenti umani che siano riconosciuti da emicizumab, ma anche i test comunemente utilizzati quali l’APTT e la determinazione dell’attività del FVIII con metodo coagulativo possono fornire informazioni sulla eventuale perdita di efficacia di emicizumab. Infatti, durante il trattamento con emicizumab l’APTT risulta normalizzato ed i livelli di attività del FVIII sono nell’ambito del range di normalità. Eventuali prolungamenti dell’APTT ed una riduzione dell’attività del FVIII, in corso di trattamento, dovrebbero, pertanto far sospettare la presenza di anticorpi neutralizzanti emicizumab;
  • in caso di sospetto di anticorpi neutralizzanti in pazienti non inclusi nei trial clinici, non essendo attualmente disponibili in commercio test per la loro determinazione, occorre rivolgersi alla ditta produttrice per effettuare le successive valutazioni;
  • si raccomanda ai pazienti e ai medici di continuare a segnalare prontamente e con accuratezza ogni evento avverso inatteso.

Queste informazioni e raccomandazioni risultano molto utili alla luce del numero crescente di pazienti in trattamento con emicizumab in Italia, al di là dei trial clinici per i quali è garantito il monitoraggio, per la possibilità dell’uso compassionevole e, soprattutto, in vista della verosimile futura disponibilità del farmaco sul mercato italiano. Viene, inoltre, richiamata a tutta la comunità l’importanza della farmacovigilanza, non solo per i prodotti di recente o in via di introduzione, ma per ogni farmaco utilizzato per il trattamento e per tutti gli aspetti di sicurezza, nonché la necessità di una riflessione sulla gestione globale del paziente con inibitore, in particolare sul ruolo dell’induzione di immunotolleranza, nell’era di emicizumab e di possibili nuovi approcci di trattamento.